lunedì 20 aprile 2015

Smontata la calunnia dell'acqua

Un altro prezioso contributo di NGO Monitor fornisce finalmente un'ampia analisi in merito alla ben nota accusa dell'acqua. Anche questa accusa, come vedremo, nasconde un preciso intento politico di biasimo e delegittimazione dello stato israeliano e, cosa ancor più grave, contribuisce a sostenere la tesi (insostenibile da ogni punto di vista, alla luce dei fatti) del cosiddetto "genocidio palestinese".
Come spesso mi è capitato di far rilevare, le bugie della propaganda anti-israeliana sono sintetiche, colpiscono l'immaginario e suscitano sentimenti accesi, qui si chiede al lettore invece di accendere il pensiero critico, di inseguire il percorso che smonta punto per punto le accuse, dedicando tempo ed attenzione all'approfondimento.
Fra le due modalità deve essere sempre e solo la prima quella vincente?
La risposta ad ognuno di noi:



Le Organizzazioni non governative (ONG) hanno incrementato la strumentalizzazione del problema dell'acqua nell'offensiva politica nei confronti di Israele. Si va dalle false accuse di «discriminazione» e di «sottrarre acqua», alle pressioni nei confronti di società internazionali affinché boicottino la compagnia israeliana idrica, la Mekerot; per giungere alla spudorata distorsioni degli accordi sottoscritti fra israeliani e palestinesi.
A seguito di queste campagne diffamatorie, la compagnia idrica olandese Vitens ha cancellato l'accordo di collaborazione pianificato con Mekerot; l'italiana Acea è stata indotta a fare altrettanto, e analoghe campagne hanno visto la luce nel Regno Unito e in Argentina.

Le questione e le dispute legate ai diritti sull'acqua non sono definite dai confini internazionali tracciati su una mappa. Una stretta collaborazione e cooperazione fra le parti è prescritta affinché i problemi siano risolti in modo creati e costruttivo, onde l'accesso ad acque pulite e sicure sia garantito in modo paritario e ottimale. Inoltre, la complessità e la centralità della questione delle acque nel conflitto arabo-israeliano sono esasperate dalla scarsità della medesima a livello locale. Infatti, in questo ambito è stato istituito un "Comitato Congiunto per l'acqua" israelo-palestinese" (JWC), allo scopo di «gestire tutte le problematiche relative all'acqua potabile e alle acque sporche nel West Bank». Il processo decisionale alla base del JWC è di tipo «consensuale, inclusa la pianificazione, le procedute e le altre problematiche». Analogamente, un principio cardine del Trattato di Pace fra Israele e Giordania del 1994 prevede che «la cooperazione nelle problematiche relative alle acque vada a beneficio di ambo le parti, e contribuirà ad alleviare la scarsità di acqua».
Sfortunatamente, malgrado l'esistenza di una cooperazione fra israeliani, palestinesi e giordani, l'acqua è diventata un'arma nelle mani delle ONG politicizzate, che usano le accuse sulla disponibilità e sui diritti idrici come parte dello strumentario di delegittimazione e di antinormalizzazione nei confronti di Israele. Le ONG presentano una descrizione distorta dei fatti, ignorando gli accordi negoziali fra Israele e palestinesi, come gli Accordi Interinale del 1995 (che seguirono gli Accordi di Oslo), allo scopo di accusare falsamente Israele di violazione del diritto internazionale; quando nella realtà la fornitura di acqua da parte di Israele è ben superiore a quella precisata negli Accordi.
Questa narrativa inoltre accusa falsamente Israele di bloccare i progetti di sviluppo idrico palestinesi, inclusi gli impianti di trattamento delle acque reflue, di creare una «crisi idrica» a Gaza, e di fornire ai palestinesi la «quantità strettamente necessaria a sopravvivere, fornendo al contempo generose quantità di acqua ai coloni». Sotto diversi punti di vista, le campagne delle ONG hanno ricalcato l'agenda politica palestinese.

Le ONG che hanno condotto questa campagna diffamatoria includono Al Haq, Al Haq, Palestinian Center for Human Rights (PCHR), BADIL, Coalition of Women for Peace/Who Profits, e EWASH (una coalizione di ONG palestinesi, organizzazioni internazionali per lo sviluppo, e agenzie ONU). ONG internazionali ed europee, come Human Rights Watch, Amnesty International eUnited Civilians for Peace (UCP: un ombrello che comprende l'olandese ICCOOxfam Novib, Pax - meglio nota come Pax Christi - e Cordaid), analogamente accusano Israele di negare un «equo accesso all'acqua», architettando accuse infondate sulla fornitura di acqua ai palestinesi.
Non di rado, queste ONG riconoscono di agire sulla base di motivazioni politiche ed ideologiche, e non per garantire un migliore accesso alle risorse idriche da parte di Israele. Ad esempi, EWASH si è opposta alla costruzione di un impianto di desalinizzazione a Gaza, che avrebbe sensibilmente migliorato l'approvvigionamento idrico, sostenendo che avrebbe «accomodato l'occupazione» e «legittimato le azioni israeliane». EWASH inoltre ha affermato, malgrado l'evidenza opposta, che «la desalinizzazione sia una «soluzione tampone», mentre è pacifico per tutti che la desalinizzazione sarebbe un rimedio definitivo per la scarsità oggettiva di fonti idriche.


LE CALUNNIE PIU' RICORRENTI

Accusa. «Mekerot approfitta del controllo israeliano di un'area sottoposta ad occupazione. Gli Accordi di Oslo impediscono ai palestinesi di sviluppare il loro settore idrico, e negano la possibilità di acquistare acqua da altri stati o da aziende internazionali» (Who Profits, 2013). «Israele impedisce la costruzione e la gestione di infrastrutture idriche nel 59% del West Bank, nella zona nota come Area C, mediante la negazione sistematica di permessi di costruire o ripristinare impianti idrici» (Al Haq, 2013).

Realtà. Il coinvolgimento di Israele nel settore idrico nel West Bank, nonché la fornitura idrica ad alcune comunità palestinesi e agli insediamenti ebraici nel West Bank, sono regolati dagli Accordi Interinali del 1995, sottoscritti da Israele e dall'OLP, e garantiti dalla comunità internazionale. Al contrario di quanto affermano alcune ONG, questo accordo non «preclude ai palestinesi di sviluppare il loro settore idrico e della depurazione». L'articolo 40 afferma che l'approvazione dei progetti idrici nel West Bank è demandata al JWC, che si esprime all'unanimità. I palestinesi sono liberi di realizzare tutti gli impianti che desiderano, a patto che vi sia la preventiva approvazione del JWC. Una volta approvato il progetto, Israele non ha alcuna autorità sulle aree B e C. I progetti idrici palestinesi nell'area C, sottoposta a controllo amministrativo e militare israeliano, richiedono il permesso dell'Israeli Ministry of Defense Civil Administration (CA). Tuttavia, nella maggior parte dei casi l'implementazione di questi progetti è demandata al PWA. In molti casi i palestinesi rinunciano ad implementare progetti già approvati e finanziati, per motivazioni politiche legate dal conflitto con Israele, e per le pressioni esercitate dalla lobby agricola palestinese.
Dal 2000 il CA ha approvato 73 richieste su 76 presentate con riferimento all'area C. Il carteggio fra CA e PWA dimostra che progetti approvati nel 2001 non sono stati ancora eseguiti nel 2009. Ulteriori 44 progetti approvati dal JWC nelle area A e B, inclusi diversi impianti per il trattamento delle acque reflue, condutture primarie e reti di distribuzione che raggiungono diverse città e villaggi, nonché cisterne idriche; non sono ancora stati implementati.
Infine Mekerot non trae alcun profitto dalla fornitura di acqua ai palestinesi. Il prezzo corrisposto è stabilito di mutuo accordo, alla luce degli Accordi Interinali di Oslo. Questo prezzo, fissato a 1,66 shekel israeliani per metro cubo (1996), è stato in seguito aggiornato a 2,85 shekel, alla luce della crescita dei costi di produzione. L'entrata complessiva per Mekerot è pari a 4,16 shekel per metro cubo; tale in realtà da comportare una perdita. Come riferimento, gli israeliani pagano 8,89 shekel per metro cubo, sussidiando così l'erogazione di acqua ai palestinesi.

Accusa. «Il blocco israeliano su Gaza e le restrizioni sulle importazioni dalla Striscia di Gaza di materiali e strumentazioni necessari per lo sviluppo e la manutenzione degli impianti, hanno indotto il raggiungimento di una crisi nella questione idrica» (EWASH, 2015). «Il blocco ha privato i bambini di Gaza della normale possibilità di bere acqua pulita» (Save the Children, 2012). «Stringenti restrizioni imposte da Israele negli ultimi anni all'accesso alla Striscia di Gaza di materiali e strumentazioni occorrenti per la riparazione degli impianti, hanno cagionato un ulteriore deterioramento della qualità dell'acqua e degli impianti di desalinizzazione a Gaza» (Amnesty, 2009).

Realtà. Gli Accordi di Oslo prevedono che la manutenzione degli impianti idrici a Gaza sia interamente demandata ai palestinesi (eccezion fatta per gli insediamenti e le basi militari), con Israele che si impegna a fornire 5 milioni di metri cubi all'anno ai palestinesi. Pertanto, dopo il disimpegno unilaterale del 2005, il governo di Hamas e l'Autorità Palestinese sono gli unici responsabili della situazione di Gaza.
Malgrado gli incessanti attacchi missilistici contro le famiglie israeliane da parte di Hamas da Gaza, Israele ha continuato a mantenere l'impegno di fornire la quantità di acqua prevista dagli Accordi di Oslo. Inoltre, malgrado le aggressioni, il personale dell'azienda dell'acqua israeliana ha garantito la riparazione e la manutenzione degli impianti a Gaza.
Un fattore cruciale nella scarsità di acqua a Gaza è la mediocre manutenzione della rete idrica, che comporta una perdita di acqua del 40% (a fronte del 3% della rete israeliana e del 33% di perdita nel West Bank). Affrontare questa problematica migliorerebbe in modo decisivo la disponibilità di acqua a Gaza, e ciò senza assistenza dall'esterno. Il trattamento delle acque reflue, il riciclo, l'irrigazione a goccia migliorerebbero immediatamente la situazione idrica nella Striscia.
Nel lungo periodo, la desalinizzazione è probabilmente l'unica soluzione per fornire una fonte affidabile e sicura di acqua a Gaza (come in Israele). La comunità internazionale si è offerta di costruire questi impianti; ma i palestinesi e le ONG si rifiutano di collaborare , sostenendo che normalizzerebbe la situazione, legittimando Israele.
Malgrado i problemi di sicurezza, Israele ha consentito che a Gaza entrino impianti idrici, completando la costruzione di una conduttura aggiuntiva, che fornire a Gaza ulteriori 5 milioni di metri cubi di acqua all'anno.

Accusa: «Mekorot sfrutta le sorgenti palestinesi, rifornisce gli insediamenti e trasfesce l'acqua palestinese attraverso la linea verde» (Who Profits, 2013); «Negli ultimi anni, i palestinesi hanno acquistato circa 50 MCM acqua all'anno. Questa acqua viene estratta dalla Mekorot dalla falda acquifera montana e i palestinesi dovrebbero essere in grado di estrarsela da soli se fossero autorizzati a scavare e mantenere i propri pozzi» (Stop the Wall, 2013).

Realtà: Water Agreement consente ai palestinesi di scavare e mantenere i propri pozzi, e la maggior parte dei pozzi in Cisgiordania sono di proprietà e gestiti da palestinesi. Mekorot scava pozzi in Cisgiordania come concordato coi palestinesi nel JWC, al fine di rifornire l'acqua per palestinesi e israeliani a prescindere dalla nazionalità. Niente di questa l'acqua viene trasportata dalla Mekorot fuori della Cisgiordania. L'acqua è fornita esclusivamente ai residenti della Cisgiordania palestinesi e israeliani. Infatti, dei circa 57 MMC (milioni di metri cubi) che Israele ha inviato ai palestinesi della West Bank nel 2013, solo circa 10 MMC provengono da pozzi della Cisgiordania. Il resto viene trasferito dall'interno di Israele nella Cisgiordania. In altre parole, Israele usa quantità significative della propria acqua per alimentare i palestinesi e non il contrario, come sostenuto dalle ONG. Le rivendicazioni delle ONG per quanto riguarda le "fonti palestinesi d'acqua" (in questo caso la falda acquifera di montagna - l'unica grande fonte di acqua in Cisgiordania) sono prive di fondamento. La falda acquifera di montagna è un acquifero comune; due terzi rientrano Israele, e il rimanente terzo sotto la Cisgiordania.

Accusa: «Il settanta per cento dell'acqua assegnata per insediamenti nella Valle del Giordano occupata proviene dai pozzi della Mekorot» (Who Profits, 2013); «I pozzi israeliani nella valle del Giordano producono circa 40 MMC all'anno ... usati quasi esclusivamente dai circa 9.000 coloni che operano gli insediamenti agricoli nella valle» (Human Rights Watch, 2010).

Realtà: ai residenti israeliani nella valle del Giordano sono dati circa 10 milioni di metri cubi all'anno in meno rispetto al volume dell'acqua dei pozzi della valle del Giordano che era stata esplicitamente approvata per il loro consumo nell'accordo di Oslo del 1995. Allo stesso tempo, circa 7 milioni di metri cubi di acqua del National Water Carrier di Israele sono annualmente forniti ai palestinesi in comunità (tra cui Gerico, Uja, Bardale, e altri) nella Valle del Giordano. Detto questo, la fornitura di acqua agli insediamenti della Valle del Giordano, così come la perforazione di pozzi in quella regione, sono tutte in conformità con l'accordo sull'acqua tra Israele e Autorità Palestinese, e sono condotte sotto l'autorità del JWC. Mekorot non sta privando i palestinesi di acqua nella Valle del Giordano o in qualsiasi altro luogo. La stragrande maggioranza dell'acqua che Mekorot fornisce alla West Bank (a palestinesi e israeliani) viene inviata da Israele (attraverso il Nazionale Water Carrier di Israele). Inoltre, i palestinesi hanno estratto meno del 50% della loro acqua di falda approvata dai pozzi della Valle del Giordano. Le estrazioni annuali dalla falda acquifera montana orientale, che forniscono sia palestinesi e israeliani nella Valle del Giordano, rimangono ben al di sotto della capacità della falda acquifera.

Accusa: «Mekorot permette una vasta produzione agricola in insediamenti illegali israeliani» (Who Profits, 2013).

RealtàCirca il 60% di tutta l'acqua utilizzata in agricoltura israeliana in Cisgiordania o è trattata dallo scarico delle acque reflue o proviene da altre fonti non potabili (ad esempio acque saline salmastre e deflussi di allagamenti), e l'acqua è fornita agli insediamenti in conformità con gli accordi internazionali vincolanti. Al contrario, i palestinesi si rifiutano di utilizzare acque reflue trattate e utilizzano solo acqua potabile per uso agricolo, pari al 50% del consumo palestinese di acqua dolce e aggravando così la crisi idrica. In molti casi, soprattutto nel nord della West Bank, gli agricoltori utilizzano l'acqua estratta da pozzi illegali e non ne pagano il consumo, ciò permette loro di sperperare acqua in modo irresponsabile. Inoltre, anche quando i finanziamenti da organismi internazionali e governi stranieri sono prontamente disponibili,la PA non ha presentato (p.5) progetti per la costruzione di impianti di trattamento delle acque reflue (WWTP), che potrebbero fornire fonti d'acqua aggiuntive per le esigenze agricole e ridurre l'inquinamento delle fonti d'acqua naturale, come anche il flusso delle acque reflue verso Israele.

Accusa: «Mekorot fornisce molta più acqua agli insediamenti che alle comunità palestinesi» (Who Profits, 2013).

Realtà: Questa affermazione è una distorsione palese del sistema di approvvigionamento idrico in Cisgiordania. La PWA è responsabile della fornitura di acqua alle comunità palestinesi. L'approvvigionamento idrico di Israele agli insediamenti fa parte della dotazione d'acqua di Israele come previsto dal Comitato Congiunto per l'Acqua, e non pregiudica la fornitura ai palestinesi in alcun modo. In generale, Mekorot fornisce più acqua ogni anno alla PA (57 MMC) rispetto a quella a cui sarebbe vincolato a base all'accordo sull'acqua (29 MMC, di cui 5 MMC sono forniti a Gaza). Questo in aggiunta all'acqua prodotta dagli stessi palestinesi (circa 140 MMC all'anno).

Accusa: «Al servizio dei coloni, Mekorot limita i rifornimenti idrici alle comunità palestinesi» (Who Profits, 2013); Mekorot riduce regolarmente la distribuzione / quantità di acqua fornita alle comunità palestinesi durante i caldi mesi estivi, mentre raddoppia il consumo delle colonie (EWASH, 2011).

Realtà: l'approvvigionamento idrico israeliano agli insediamenti fa parte della dotazione di Israele di acqua e non pregiudica la fornitura ai palestinesi in alcun modo. Inoltre, Israele fornisce meno acqua per i cittadini israeliani in Cisgiordania di quella stipulata negli accordi di Oslo e trasferisce la quota rimanente ai palestinesi.

Accusa: «Mekorot applica prezzi dell'acqua discriminatori, fatturando ai palestinesi tariffe più elevate rispetto a quelle israeliane» (Who Profits, 2013).

Realtà: Questa affermazione è completamente falsa. Come detto sopra, Mekorot vende acqua alla PA in perdita, la fattura 2,85 NIS per MMC (come previsto nell'accordo sull'acqua), mentre il costo di produzione per Mekorot è di 4,16 NIS per MMC.
Mekorot fa pagare ai cittadini israeliani 8,89 NIS per MMC per l'uso domestico.

Accusa: «Il 30% dell'acqua si disperde dalle tubature d'acquedotto palestinesi - perché Israele si rifiuta di permetterne il rinnovo» (Amici della Terra in Palestina / PENGON, 2014).

Realtà: La PWA perde il 33% dell'acqua nel suo sistema ogni anno (rispetto al 3% nel sistema israeliano) a causa dei furti all'interno della rete di acqua del Palestinian Water Authority e per la scarsa manutenzione. Israele non impedisce ai palestinesi di riparare il proprio sistema di tubi. Molte delle pompe dell'acqua PWA sono mantenute malamente e sono ferme per riparazioni per lunghi periodi di tempo, a causa della mancanza della capacità tecnica di riparare le pompe e della mancanza di sforzi concertati per farlo.

I furti di acqua dei palestinesi, da entrambe le reti israeliane e palestinesi, è uno dei principali motivi della perdita di acqua. Di più 250 trivellazioni illegali è ben nota l'esistenza nel nord della West Bank solamente. L'autorità israeliana dell'acqua disconnette 600 di questi collegamenti ogni anno. Le richieste israeliane di ripristinare la Supervisione Congiunta [israelo-palestinese] e le Squadre di Supervisione e Controllo (JSETs) al fine di combattere i furti d'acqua sono state respinte dai palestinesi. I verbali delle riunioni JWC mostrano che in molti casi la PWA si era impegnata a chiudere trivellazioni illegali, ma senza darne seguire. Quando il CA alla fine li demolita, la PWA protestava. Inoltre, molte delle pompe dell'acqua PWA sono mantenute male e sono chiuse per riparazioni per lunghi periodi di tempo a causa della mancanza di capacità tecnica di riparare le pompe e in alcuni casi per il rifiuto di accettare l'assistenza israeliana.

Accusa: «Il vasto pompaggio di Mekorot sta riducendo la quantità di acqua di sorgenti e pozzi palestinesi» (Who Profits, 2013); «Israele limita la quantità di acqua disponibile annualmente per i palestinesi ... mentre ha continuato a costantemente sovraestrarre l'acqua per il proprio utilizzo in misura di gran lunga superiore al consumo annuo sostenibile dellafalda acquifera» (Amnesty International, 2009); «La sovraestrazione d'acqua da parte di Israele ha provocato un calo della falda in Cisgiordania» (Human Rights Watch, 2010).

Realtà: Israele non riduce la disponibilità di acqua ai palestinesi in Cisgiordania. Le estrazioni d'acqua di Mekorot all'interno della Cisgiordania sono molto al di sotto degli importi previsti che sono attentamente impostati da esperti di acqua e approvati dal Comitato Congiunto israeliano-palestinese per l'acqua.

Riduzioni della capacità di alimentazione della falda acquifera può verificarsi come risultato di anni consecutivi di scarse precipitazioni nella regione. Come notato sopra, Israele risponde convogliando più acqua dalle risorse proprie di Israele, piuttosto che rischiare sovraestrazioni dai pozzi della Cisgiordania.

Al contrario, centinaia di pompe idriche abusive palestinesi (pp.10-11), in particolare nella parte settentrionale della falda acquifera montana in Cisgiordania, hanno abbassato il livello dell'acqua nella falda acquifera montana, minacciando di peggiorare la qualità dell'acqua. Allo stesso tempo, Mekorot ha ridotto il suo pompaggio dalla falda acquifera montana negli ultimi anni, al fine di mantenere i livelli di estrazione dell'acqua sostenibili.

Allo stesso tempo, pur avendo ricevuto i permessi nel 2000 per pozzi nella sottoutilizzata falda acquifera orientale, la PWA ha perforato meno della metà dei pozzetti approvati. Israele ha offerto anche l'Autorità palestinese di costruire un impianto di desalinizzazione in terra israeliana, vicino ad Hadera, al fine di soddisfare i loro bisogni; l'Autorità palestinese ha rifiutato questa offerta.

Inoltre, la PWA non ha installato i contatori dell'acqua in circa il 50% delle case palestinesi e sulla maggior parte delle pompe agricole e quindi non è in grado di monitorarne l'utilizzo e riscuotere il pagamento da parte dei clienti.

Accusa: «La politica e le operazioni di Mekorot ignorano la Linea Verde» (Who Profits, 2013).

Realtà: Tutte le operazioni di Mekorot in Cisgiordania sono svolte nel quadro dell'accordo del 1995 e in base alle decisioni consensuali del JWC. Mekorot fornisce acqua a entrambe le comunità palestinesi e israeliane in Cisgiordania, e fornisce l'acqua al di sopra e al di là dell'importo pattuito con l'accordo di Oslo, un accordo riconosciuto a livello internazionale. Al contrario, la PWA ignora la responsabilità di fornire soluzioni idriche per i cittadini palestinesi, viola l'accordo sull'acqua in molti modi, consente la maggior parte delle acque reflue e inquinanti dei palestinesi di fluire in Israele (palesemente ignorando la linea verde), e scarica la colpa delle proprio carenze sulle spalle di Israele.



CONCLUSIONE

Data l'importanza dell'acqua per tutti i popoli della regione, è sconcertante che le ONG lo utilizzano come strumento per promuovere agende politiche anti-israeliane.

I problemi relativi all'acqua sono stati affrontati in dettaglio nell'accordo del 1995 acqua, sotto l'egida della comunità internazionale. Con riserva di ulteriori negoziati tra le parti, le disposizioni e i meccanismi concordati quindi sono pienamente vincolanti e devono essere rispettati. Le ONG che affermano di promuovere i diritti umani dovrebbero attenersi ai fatti rapidamente disponibili e facilmente accessibili e invitare l'Autorità palestinese e il governo di Hamas a Gaza ad accettare la proprie responsabilità in questo campo nei confronti dei cittadini palestinesi.

La vasta campagna internazionale su questo tema, che diffonde informazioni false e distorte, è parte integrante del tentativo di demonizzare e delegittimare Israele. Le ONG alla ribalta in questi sforzi non promuovono la pace e non aiutano i palestinesi a migliorare la loro accesso ad acque sane e pulite. 


Articolo originale:
Myths vs. Facts: NGOs and the Destructive Water Campaign Against Israel.

pubblicato in italiano da Il Borghesino:  

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