lunedì 4 agosto 2014

Ogni scusa è buona: l'antimilitarismo a senso unico



Possibile che ogni causa, anche la più nobile, venga sfruttata in maniera strumentale con l'evidente obiettivo di gettare biasimo e discredito solo su Israele? Sono comparsi in questi giorni insistenti appelli al boicottaggio di Israele per le attività di addestramento dell'IDF in Sardegna. Adesso anche l'antimilitarismo viene tirato per la giacchetta, fino a farlo diventare uno strumento di offesa in questa infinita guerra mediatica.
Forse è eccessivo parlare di antisemitismo (ma guardiamoci intorno, a chi serve questa ondata di odio contro Israele?) tuttavia è ben centrato il punto in questa riflessione di Mario Carboni di "Sardos pro Israele".


DENUNCIA DEL NUOVO ANTIMILITARISMO ANTISEMITA IN SARDEGNA.

Da 40 anni denuncio le basi, poligoni e servitù militari in Sardegna e il loro utilizzo da parte di eserciti di tutto il mondo. Da 40 anni ne chiedo lo smantellamento e la rinaturalizzazione del territorio e il pagamento dei danni subiti dalla Sardegna.
Per me tutti gli eserciti sono sullo stesso piano quando operano in Sardegna. Non devono operare in Sardegna e in primis le forze armate italiane che agiscono, su mandato di tutti i governi italiani che ne hanno responsabilità politica e quindi di tutti i partiti che ne hanno fatto parte e ne fanno parte oggi, come se la nostra isola sia una colonia disabitata e come se i sardi non abbiano diritto ad avere una parola decisiva e negativa in capitolo. 

Da pochi giorni assisto alla mobilitazione faziosa e con un diverso e particolare standard contro le prossime esercitazioni dell'aviazione israeliana. Questa si esercita da sempre in Sardegna come ben sanno coloro che coerentemente monitorizzano la situazione. Ma da sempre si esercitano aerei dei paesi della NATO e di suoi alleati. Si esercitano anche i paesi più disparati , anche non molto amici, che però testano armi occidentali o sopratutto italiane da vendere loro. Ricordo solo le esercitazioni dei libici che compravano armi italiane e le utilizzavano in Africa contro ad esempio il Chad o l'aviazione del Qatar che da Decimomannu bombardava la Libia di Geddafi o dei turchi che bombardavano i curdi.

Sia gli armati occidentali, che i libici, qatarioti e israeliani e turchi , nel mio richiedere la sospensione di ogni esercitazione in Sardegna, per i motivi generali che ho sottolineato, sono sempre stati posti sullo stesso piano e mai ho appuntato la mia attenzione su un paese particolare. Accomunando li nel mio dissenso. Così hanno fatto coloro che coerentemente hanno sempre operato per la scomparsa dei poligoni militari dalla Sardegna.

Da pochi giorni invece, senza mai aver protestato contro la Libia, il Qatar, la Turchia o un singolo paese occidentale in quanto tale, un'azione particolare è stata dedicata ed è in corso di sviluppo contro le prossime esercitazioni dell'aeronautica israeliana che si svolgeranno assieme altre forze aeree. Siamo di fronte di una attenzione particolare, discriminatoria, differenzialista, tipica di una sensibilità esclusivista e antisemita.

Constato con rammarico che si sta sviluppando in deroga ad una doverosa richiesta di sospensione generalizzata per tutte le forze armate che assieme si esercitano in Sardegna, l'emersione di un antimilitarismo antisemita, ingiusto, sbagliato e che situa chi lo esercita, per un acritico appoggio che non tiene conto delle sue responsabilità nell'attuale guerra, nel campo dell'Islamismo razzista e antisemita programmatico di Hamas che vuole solo la distruzione di Israele, l'eliminazione dei suoi cittadini ebrei non volendo una pace sulla base di due popoli-due stati e che è l 'organizzazione terrorista islamista peggior nemica dei palestinesi ed in particolare dei palestinesi di Gaza.

Mario Carboni

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Qui alcuni articoli in cui si parla dell'argomento... a senso unico:
Associazione Amicizia Sardegna-Palestina: http://www.sardegnapalestina.org/?cat=10
BDS Italia http://www.bdsitalia.org/index.php/component/tortags/tag/sardegna
Palestina Rossa http://www.palestinarossa.it/?q=it/content/story/da-settembre-i-caccia-di-israele-si-eserciteranno-sardegna

Daniel e Leonardo: italiani al fronte per Israele




Forse non è così risaputo che sono molti i nostri connazionali che decidono di servire nell'esercito israeliano, con le più diverse mansioni. Pubblichiamo qui l'articolo di Fiamma Nirenstein che intervista due ventenni italiani impegnati nell'operazione "Margine di protezione".


di Fiamma Nirenstein
Ven, 01/08/2014


Dietro di loro il campo è punteggiato di colonne di fumo. Non sai se è stata una cannonata oppure una delle mille trappole preparate da Hamas, tonnellate di esplosivo nelle case e sotto terra; depositi di missili; gallerie che saltano per aria, quelle che con un piano strategico Hamas aveva scelto di usare per attaccare Israele con le sue unità terroriste.

Così è la guerra di terra, ragazzi di 19, 20 anni s'inoltrano a Gaza e affrontano la battaglia, e la morte, per distruggere le armi di Hamas. Ogni tanto prendono fiato per qualche ora, ed è così che riusciamo a parlare con due soldati molto speciali perché sono italiani, della specie dei «soldati soli» che vengono per servire e lasciano i genitori a rodersi d'ansia a casa. I nostri due hanno dato un abbraccio alla mamma a Milano e a Roma e sono venuti convinti che valga la pena rischiare la vita, da noi un concetto quasi inesplicabile. Chi scrive ricorda che durante una lezione di storia mediorientale alla Luiss di Roma chiese ai ragazzi chi di loro avrebbe rischiato la vita per il proprio Paese: nessuno assentì, proprio nessuno.

I nostri due soldati si chiamano Leonardo, 25 anni, e Daniel, 20enne arruolato in Marina. Daniel è romano di origine livornese, la passione del mare l'ha nel sangue: «Adesso, dalla mia nave sorvegliamo e pattugliamo la costa di Gaza, controlliamo chi entra e chi esce, evitiamo che escano terroristi per attaccare le coste di Israele. È un compito fondamentale, il mare non ha confini sorvegliati, è senza fine, ci vogliono un allenamento perfetto e un'attenzione totale. A volte siamo bersagliati di razzi dalla riva e da altri battelli, allora hai un momento di paura, però ti mordi le labbra e pensi a quando tornerai in porto, e con i tuoi compagni riparlerai dell'accaduto, mangerai, forse potrai finalmente dormire, starai insieme agli amici, questo ti compensa di tutto, l'incredibile vicinanza fra di noi». 

Leonardo è laureato in filosofia al San Raffaele di Milano, poi ha preso un master all'Istituto Superiore di Stato Maggiore Interforze, a Roma. È appena finito il corso che il suo futuro l'ha visto solo in Israele e poi nell'esercito, e poi, ancora, nei Golani: «L'unità dei miei sogni, prove di ammissione e corsi molto difficili. All'inizio mi chiedevano se ero venuto perché avevo preso una botta in testa, ma adesso siamo un tutt'uno». Leonardo è appena uscito da Gaza: «Sono sporco, con gli abiti puzzolenti, gli occhi mi si chiudono, la mia ragazza mi lascerebbe subito se mi vedesse ora». Deve sistemare la sua attrezzatura (fucile, zaino, abiti) per essere pronto alla prossima missione. Non sa quando rientrerà, ma può capitare in ogni minuto. Essere un Golani è il mito di ogni israeliano, l'unità su cui si cantano canzoni epiche, in cui si è uno per l'altro ignorando l'ombra della morte. Dietro di lui tre settimane di giornate e nottate senza soluzione di continuità: «Dall'inizio dell'operazione non dormo in un letto, le ore di sonno non sono mai più di tre o quattro». 

Ma Leonardo non vuole parlare di sé: gli brucia spiegare di affrontare un nemico senza scrupoli nell'uso della sua gente: «Ho avuto l'impressione che i cittadini di Gaza siano autentici schiavi. Ho visto case in cui la camera dei bambini è adornata con fotografie dei terroristi, cartine da cui è cancellata Israele, stelle di Davide trasformate in svastiche, depositi di armi. Non un segno di umanità, di pace - dice desolato - Hamas è vile. Abbiamo fermato il fuoco molte volte perché un terrorista si copriva con un bambino, o perché comparivano donne e vecchi. Dietro arrivano i terroristi. 
Prima di entrare in azione tuttavia l'ultima indicazione che ti dà il comandante è di non puntare il fucile su chi non è armato, condividere il tuo stesso cibo e la tua acqua con chi non ha da mangiare o da bere, fermare tutto se appare un bambino». 

Due dei migliori amici di Daniel, Shon di 19 anni e Jordan, 22, il primo venuto da Los Angeles, il secondo da Parigi, per combattere, sono stati uccisi: «Jordan era fidanzato con la gemella della mia fidanzata. Sì sappiamo che la morte è una possibilità, ma non ci si pensa, io sto bene con i miei compagni» dice Daniel. La mia famiglia sta in pensiero, telefono ogni volta che arrivo in porto, circa due volte a settimana. 

Quelli che non capiscono cosa stiamo facendo devono venire per un paio di giorni a Ashkelon o in un kibbutz con scoppi, sirene, distruzioni, dove la gente non può uscire, i bambini devono restare nel sottosuolo, le famiglie non hanno più lavoro.. C'è un Paese che deve essere salvato, io sono qui per questo». A 20 anni? Leonardo ha una sua risposta: «Chi non si fida dei giovani dovrebbe dare un'occhiata da queste parti, la vita è nelle mani dei ragazzi. Il mio comandante ha 20 anni, ha perso il padre in un attentato, è una persona di un equilibrio e di un senso di responsabilità assoluti. 
Ieri eravamo in Libano, ora a Gaza, il compito è sempre grande, difendi un popolo che ti ama e ti rispetta.
Persino i miei genitori, che mi mancano, sanno che qui la denominazione «chaial boded», «soldato solo», è sbagliata. Posso bussare ora alla porta di un kibbutz, chiedere di fare una doccia e dormire un po': si precipiterebbero in cucina, preparerebbero le cose migliori e mi riempirebbero di regali».