mercoledì 13 giugno 2012

Intervista ad Amos Oz

6 giugno 2012
di Antonella Barina
Interviste.Amos Oz, Tra amici ( Il Venerdì, 01/06/2012)




Il grande scrittore israeliano, che ha vissuto per di più di 30 anni nelle comunità di lavoro, di fronte alla crisi propone il suo paradosso (ma lo è davvero?) in un libro e al Festival di Massenzio.

Arad (Israele). “Se mi guardo intorno, in Israele come in Italia, mi sento circondato di gente che lavora oltre il necessario, per accumulare più denaro di quel che le serve, acquistare cose che non desidera davvero, far colpo su persone che non le piacciono affatto“. Amos Oz parla lentamente, ritagliando scampoli di pensiero, a lungo meditati. “Ora però la crisi economica comincia a minare questo modello tutto denaro, competizione, arrivismo. Qualcuno inizia a cercare una nuova via tra bolscevismo disumano e capitalismo darwinista. Perché non riproporre allora la formula del kibbutz, in una versione più soft e tollerante del passato? Penso a piccole cellule sociali improntate sulla solidarietà. Per alcuni funzionerebbe”.
Aveva 13 anni Amos nel ’52, quando perse tragicamente la madre, che si suicidò; 15 quando andò a guidare trattori in un kibbutz – vita nei campi ed eguaglianza: la proprietà privata era tabù – per ribellarsi al mondo intellettuale e di destra di suo padre, bibliotecario erudito, studioso poliglotta. E Amos, che un tempo, da bambino, aveva sognato di diventare un libro (non uno scrittore, proprio un libro, perché i libri sopravvivono sempre in qualche modo allo sterminio), rimase nel kibbutz Hulda più di trent’anni, cambiando il suo cognome da Klausner in Oz, che in ebraico vuol dire Forza, e lì si sposò e allevò tre figli.
Oggi Oz è uno dei massimi scrittori viventi, tra gli intellettuali più rispettati di Israele, eppure non ha perso l’aspetto archetipico del pioniere: camicia a scacchi, mani possenti, volto abbronzato che sembra sempre strizzare gli occhi chiari contro il sole. Ora i suoi libri sono tradotti in 41 lingue, ma lui conserva lo stile sobrio del kibbutz, di quando non possedeva nemmeno un libretto d’assegni. E anche se dall’86 vive ad Arad, cittadina del deserto sorta cinquant’anni fa dal nulla intorno a un centro commerciale, la sua è una casetta spartana, con giardino brullo, studio nel seminterrato. Poi libri, libri, ancora libri: ordinatissimi, come le frasi dei suoi romanzi; consunti dal gran uso, come le sue poltrone scomode e lise; strumenti di lavoro, come la vecchia scrivania e il portatile obsoleto.
Non rinnego un solo momento della mia vita nel kibbutz, che è stata la migliore università possibile. In una comunità di trecento persone, di cui si sapeva ogni segreto, ho imparato più cose sulla natura umana che se avessi fatto dieci volte il giro del mondo. Il kibbutz è una sorta di laboratorio dove tutto è concentrato: amore, morte, solitudine, nostalgia, desiderio, desolazione. E mi dà lo spunto per raccontare l’umanità: quel continuo tendere gli uni verso gli altri – come le celebri dita di Dio e di Adamo nella Cappella Sistina – senza mai riuscire a toccarsi. È dal kibbutz che attinge la mia scrittura“.
E lì ritorna il suo ultimo libro, notevole come sempre, in uscita con Feltrinelli, nell’ottima traduzione di Elena Loewenthal. Tra amici: destini che si intersecano nel microcosmo di un kibbutz anni Cinquanta, anime scrutate con occhi malinconici e saggi. Sempre il 7 giugno, Oz sarà al Festival delle Letterature di Massenzio, a Roma, dove dividerà la serata con Erri De Luca e leggerà un brano del nuovo libro: “Il capitolo dedicato a un vecchio calzolaio pacifista, anarchico, socialista, vegetariano, un uomo che racchiude in sé tutte le ambizioni di trasformare il mondo”. Mentre il 10, a Cagliari, parteciperà al Festival Leggendo Metropolitano, dove parlerà del tempo presente e del suo rapporto con la letteratura (www.prohairesis.com).
Lei, Oz, propone il kibbutz come un’alternativa all’individualismo sfrenato, eppure nei suoi romanzi fustiga quell’ambiente soffocante. Come luogo di inaspettata solitudine, ad esempio.I padri fondatori di quel modello di società avevano ambizioni monumentali, irrealistiche: pensavano di poter cambiare la natura umana di colpo, eliminare la solitudine con la vita comunitaria, cancellare crudeltà, avidità, egoismo con l’eguaglianza. Un sogno meraviglioso che – va detto a loro merito – tentarono senza gulag e polizia. Che venne meno perché il loro sguardo fissava solo le stelle”.
Un naufragio lento, ma inesorabile.Una mutazione, più che un fallimento. Il kibbutz è cambiato molto rispetto al passato. Padri e madri fondatori erano severissimi, come se organizzassero un esercito senza ufficiali. Oggi il kibbutz è meno duro, accetta entro certi limiti la proprietà privata, quindi è meno egualitario. Ma i suoi abitanti continuano a dividersi la responsabilità verso i disabili, gli anziani, chi è in difficoltà. Nel racconto che leggo a Massenzio, il vecchio calzolaio malato ha sempre qualcuno che gli fa compagnia. In una grande città morirebbe solo come un cane”.
Il kibbutz sperimentò la parità della donna, ma a scapito della sua femminilità…Lo ammetto. Ai miei tempi una ragazza poteva andare a letto con un uomo diverso ogni sera, ma bastava un rossetto perché venisse espulsa come borghese depravata. D’altra parte aveva le stesse opportunità di studio, lavoro, salario degli uomini, molto prima che nel resto della società”.
Perché ha lasciato il kibbutz?“Mio figlio soffriva d’asma e aveva bisogno del clima secco di Arad”.
Cittadina insignificante. Perché continua a vivere qui?Per il deserto. Ogni mattina alle cinque, quando è ancora buio, mi incammino tra rocce e sabbia. Da solo, nel silenzio più profondo, osservo il sorgere del sole. Il deserto rappresenta quel che è eterno contro ciò che è provvisorio. Mi è indispensabile per scrivere”.
Cosa sta scrivendo ora?Preferisco non parlarne: esporre la gravidanza ai raggi X non fa bene al bambino”.
Si mette al computer appena torna dal deserto?Prima ascolto il giornale radio delle sei: se sento un politico dire “mai” o “per sempre”, so che le pietre là fuori stanno ridendo di lui”.
Il tema del giorno è l’escalation nucleare iraniana.Fa paura. Il regime brutale di Ahmadinejad vuole cancellare Israele dalla faccia della terra. E questa politica d’annientamento, unita al possesso di armi atomiche, è una combinazione pericolosissima. Tutti gli israeliani la pensano così. Quel che ci divide fifty-fifty è il da farsi. C’è chi invoca un attacco preventivo. Io sono contrario. Perché ormai l’Iran sa fabbricare la bomba atomica: distruggeremmo le loro installazioni, non il loro know-how, e forniremmo scuse in più al loro odio. Non solo: tra poco quasi tutti i Paesi avranno mezzi di distruzione di massa, nucleari, chimici o biologici. Cosa faremo allora? Li bombarderemo tutti?”.
Il tempo stringe, però: i falchi ritengono di dover attaccare entro l’estate, se no è troppo tardi.Per questo il mondo intero dovrebbe intervenire al più presto. Con un blocco navale all’Iran”.
Cosa pensa che succederà?Mi chiede di essere profeta in terra di profeti: c’è troppa competizione nel campo”.
Neanche sulle rivolte arabe vuole intravedere un futuro?Penso che ogni Paese prenderà una direzione diversa. Ma il comune denominatore è che il fondamentalismo sembra rafforzarsi sempre più. Pessima notizia per Israele, che tuttavia non può far nulla per evitarlo. Ha fatto bene il governo a non immischiarsi”.
E sulla questione palestinese?Il processo di pace ristagna. Prevale uno status quo malato, in cui i palestinesi continuano a vivere sotto il dominio israeliano. E non può durare, bisogna arrivare a un compromesso: dividere il territorio in due Stati. Perché non ci sono alternative: cinque milioni e mezzo di ebrei israeliani e più di quattro milioni di arabi palestinesi non hanno altro luogo dove andare. Né possono trasformarsi in un’unica famiglia felice”.
Netanyahu non sembra la persona giusta per i compromessi.“Non pensavo che De Gaulle fosse l’uomo adatto a tirare la Francia fuori dall’Algeria. Né che Churchill fosse quello che avrebbe smantellato l’Impero Britannico… Chissà. Sta di fatto che ora Israele, piccola più o meno come la Sicilia, fa parlare di sé quasi fosse grande come la Cina”.

martedì 12 giugno 2012

INFORMAZIONE LIBERA, ma che fonti hai? Il negazionismo dietro la foglia di fico





Attenzione ai gruppi facebook di informazione dai nomi rassicuranti e "puliti" che rimbalzano le notizie dal web e fanno opinione in rete, contando sulla superficialità del lettore... chi sono le loro fonti?
Un'ottima ricerca di Vanni Frediani pubblicata in facebook il 
7 giugno 2012:



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La pagina di informazione in facebook "INFORMAZIONE LIBERA" pubblica oggi "SIRIA SOTTO ASSEDIO: ANCHE I CONTRACTORS IN AZIONE" un articolo di Federico Dal Cortivo affermando di averlo tratto da un sito di nome "europeanphoenix.net".
Ma si tratta di una pudicissima foglia di fico, buona solo a nascondere malamente l'origine di quell'articolo: il sito dei neonazisti di "Italia Sociale".

Chi è l'autore, Federico Dal Cortivo?
Diciamo subito che si guadagna una bella citazione nel più completo documento disponibile in rete (leggilo qui) sul fenomeno dei così detti "fascisti noglobal", cioè quella galassia di gruppuscoli ispirati da anziane cariatidi del neofascismo italiano che, come da tradizione, tentano di infiltrarsi nella sinistra con ambigue parole d'ordine ispirate al ribellismo contro quello che viene tipicamente definito "il sistema".

"Italia Sociale" si autobattezza “Il settimanale del socialismo nazionale”. Il Direttore Responsabile è il solito Ugo Gaudenzi, il Direttore Politico è Federico Dal Cortivo (anche editore). 
Il Responsabile Culturale è invece Roberto Muttoni. 
Fra i collaboratori fissi troviamo il gen. Amos Spiazzi, Stefano Andrade Fajardo, Tazio Poltronieri, il prof. Primo Siena, Franco Andreetto, Andrea Cucco. Fra i collaboratori esterni troviamo ancora i soliti nomi: Carlo Terracciano, Maria Lina Veca, Claudio Mutti, Gian Franco Spotti, Stefano Vernole, Francesco Boco, Ercolina Milanesi, Marco Cottignoli, Savino Frigiola.

In effetti, con una rapida occhiata alla pagina del loro sito denominata "ARCHIVIO LIBRI" troviamo tutta la créme della "cultura", se vogliamo chiamarla così, del neonazismo. Alcuni esempi, tutt'altro che esustivi, della "prestigiosa" collezione:

Adolf Hitler
http://www.italiasociale.net/libri/libri081110-1.html
http://www.italiasociale.net/libri/libri120710-1.html
http://www.italiasociale.net/libri/libri250610-1.html
(e naturalmente anche il Mein Kampf, col titolo pudicamente tradotto in italiano - "la mia battaglia", una chicca per intenditori, ed. Bompiani, 1942)
http://www.italiasociale.net/libri/libri231209-1.html
Julius Evola
http://www.italiasociale.net/libri/libri100910-1.html
http://www.italiasociale.net/libri/libri220510-1.html
Ezra Pound
http://www.italiasociale.net/libri/libri270110-1.html
Arthur De Gobineau
http://www.italiasociale.net/libri/libri100910-3.html
Drieu La Rochelle
http://www.italiasociale.net/libri/libri231209-1.html
Leni Riefenstahl
http://www.italiasociale.net/libri/libri021009-1.html
Carlo Mattogno
http://www.italiasociale.net/libri/libri270110-3.html

Su Italia Sociale scrive naturalmente anche il più famoso esponente del neonazismo in salsa islamica, Dagoberto Husayn Bellucci, che non perde occasione di spiegarci come i "Protocolli dei Savi Anziani di Sion" siano un documento molto ma molto ma molto veritiero.
http://www.italiasociale.net/alzozero09/az130209-4.html
http://www.italiasociale.net/cultura07/cultura010807-2.html
http://www.italiasociale.net/cultura07/cultura021009-1.html

Tra le recensioni dei testi, il nostro Federico Dal Cortivo tesse le lodi di un "opera" di squisito vittimismo fascista (cutzpah):
“La gioia violata” -Crimini contro gli italiani 1940-1946
Di Federica Saina Fasanotti
Ed.Ares
http://www.italiasociale.net/libri/libri291006-1.html

Vediamo invece come viene definito Federico Dal Cortivo da una fonte veramente "autorevole", che quel mondo lo conosce bene, diciamo così, dall'interno: IRIB, il sito ufficiale della propaganda della teocrazia iraniana rivolta al pubblico italiano.

"Federico Dal Cortivo, coordinator del quotidiano Rinascita e direttore dell’agenzia online Italia Sociale è il reppresentante italiano nella seconda Conferenza Internazionale del Disarmo Nucleare a Teheran." (leggi qui)


Niente popo' di meno, rappresentante italiano...
Ora, va bene avere una classe politica in profonda e meritatissima crisi di credibilità, ma che lo decidano a Teheran, dunque, chi rappresenti l'Italia 
su un tema così delicato come il disarmo nucleare, appare francamente eccessivo.



Dunque, coordinator del quotidiano Rinascita? Vediamo di cosa si tratta.
Alcune citazioni:

“Impostura dell’Olocausto" (Olocausto scritto fra virgolette). 
"Costruzione del mito del genocidio, delle camere a gas e dei sei milioni di ebrei uccisi”.“Prodotti di disinfezione come lo Zyklon B” 
“Claude Lanzmann ci ha gratificati con un documentario-documenzognero di oltre nove ore: Shoah” 
“L’Olocausto (sempre tra virgolette) non è decisamente altro che una gigantesca impostura” 
“Il revisionismo non è un’ideologia ma un rimedio alla tentazione dell’ideologia” 
“Le pretese camere a gas hitleriane ed il preteso genocidio degli ebrei formano una sola e medesima menzogna storica, che ha permesso una gigantesca truffa politico finanziaria di cui i principali beneficiari sono lo Stato di Israele ed il sionismo internazionale, e le cui principali vittime sono il popolo tedesco — ma non i suoi dirigenti — e l’intero popolo palestinese.”

Queste sono solo alcune delle vergognose espressioni revisioniste e soprattutto negazioniste della Shoà di un articolo firmato da Robert Faurisson e che sono state pubblicate – senza commento, senza prenderne le distanze, senza alcun senso di vergogna e di pudore – dallo pseudo giornale "Rinascita", diretto dal solito Ugo Gaudenzi.

Un articolo – dal titolo “Contro l’Hollywoodismo, il Revisionismo” – che in realtà è la relazione che lo stesso Faurisson ha tenuto agli inizi di febbraio a Teheran, volta a negare la Shoà e lo stermino degli ebrei.

Perché ‘Rinascita’ – giornale che ha ricevuto dallo Stato italiano la bellezza di un finanziamento pubblico di ben 2,489 milioni di euro per il 2010 – pubblica senza commento una tale vergogna?

La risposta sta forse nel comprendere chi sia questo Ugo Gaudenzi (in passato giornalista dell’Ansa) e cosa pensi, rileggendosi l’intervista che ha rilasciato nel febbraio di quest'anno (leggi qui).

In quella occasione Gaudenzi dà libero sfogo alle sue pulsioni culturali, parlando di religioni ("Il monoteismo orientale è fonte di pensiero unico e totalitario"); di politica ("Nutro un profondo rispetto per Benito Mussolini, per le sue idee e realizzazioni socialiste, sociali. Per la sua geopolitica di liberazione nazionale, euro mediterranea, per l’universalità del suo messaggio – mutuato dal risorgimento e dal socialismo autentico – di riscatto dei popoli poveri, delle nazioni proletarie, contro le plutocrazie") e ci spiega la sua visione dei rapporti tra palestinesi e israeliani ("Personalmente sono stato a Beirut per tre anni, fino alle stragi di Sabra e Shatyla. Oltre a conoscere la storia del Vicino Oriente, ho quindi anche visto con i miei occhi la vergognosa continua rapina di una terra altrui al popolo che vi abitava. Difendiamo l’identità ancestrale di una terra che si è sempre chiamata “Palestina”, la terra dei filistei, dei palestinesi, e che è stata regalata a Jalta, da Stalin, Roosevelt e Churchill, ad un’etnia aliena, una “comunità” che su quella terra poteva soltanto vantare una “promessa” del suo dio").

Ecco come invece viene difeso "Rinascita" dai neonazisti di stormfront: leggi qui!

Serve altro, per capire di che cosa si tratti?


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(per ulteriori approfondimenti vai alla sezione "Italiani, brava gente!" sul nostro blog)

Ma che cosa state boicottando? Ma…siete sicuri?

Eh che dolore! Che cocente delusione per i solerti boicottatori! L’Agrexco, si’ proprio quella società israeliana in testa alla lista “nera” delle imprese da boicottare, quella che esporta i prodotti che i boicottatori vanno a cercare con la lente di ingrandimento, per verificare l’odiato codice a barre che ne indica la provenienza! La Agrexco, simbolo della “colonizzazione sionista”, lo devo proprio dire…. ESPORTA PRODOTTI GAZAWI!!!!!


Pomodori ciliegini raccolti dai gazawi! E proprio verso l’Europa! 50 tonnellate per iniziare. Secondo le stime, le esportazioni dovrebbero fruttare 150.000 euro agli agricoltori della Striscia di Gaza. Le esportazioni sono cominciate nel novembre 2010 (ma i boicottatori non erano al corrente?) e gli agricoltori gazawi hanno già esportato fragole , fiori e peperoni.

Eppure l’AFP e la Reuters la notizia l’hanno data, con foto e dettagli; eppure ci sono le prove dei camion Agrexco che passano la frontiera. Ma forse ha fatto più testo la smentita del capo del Comitato per l’Agricoltura di Gaza che, non sia mai l’onta, ha negato l’innegabile.  Abdel Karim Ashur, capo del Agricultural Relief Committee nella striscia di Gaza, nega che ci sia in atto un’esportazione di verdure e pomodori da Gaza verso l’Europa.






Ma… questa marca l’ho già vista! Ah si’ è Coral, la marca di pomodorini che Gaza esporta in Francia!





Beh cari boicottatori, chissà come ci sono rimasti male i lavoratori palestinesi, quelli dei quali la sorte vi sta tanto a cuore! Non comprate i loro prodotti? Ma come!





Vi intristisce sapere che palestinesi e israeliani lavorano insieme? E’ questo che boicottate?


QUI

Cosa rispose Ben Gurion a John Foster Dulles....




Quando Ben-Gurion era primo ministro, si reco' in viaggio negli Stati Uniti per incontrare il presidente Eisenhower, per chiedergli aiuto e sostegno nei primi tempi difficili dello Stato di Israele. John Foster Dulles, allora Segretario di Stato, sfido' Ben Gurion cosi':

"Mi dica, Signor Primo Ministro - Chi, voi e la il vostro Stato dovreste rappresentare? Gli ebrei della Polonia, o quelli dello Yemen, della Romania, del Marocco, dell'Iraq, della Russia o forse del Brasile? Dopo 2000 anni di esilio, potete onestamente parlare di una sola nazione, e di una sola cultura? Potete parlare di un patrimonio unico, o forse di una sola tradizione ebraica?"




Ben Gurion gli  rispose cosi':

"Ascolti, Signor Segretario di Stato - Circa 300 anni fa, il Mayflower lascio' l'Inghilterra con i primi coloni che si insediarono in quella che divenne la più grande superpotenza democratica conosciuta come gli Stati Uniti d'America . Ora, mi puo' fare un favore? - esca  per strada, mi trovi 10 bambini americani e chieda loro quanto segue:

1 / Qual era il nome del capitano della Mayflower?

2 / Quanto duro' l'ultimo viaggio?

3 / che cosa mangiarono i passeggeri?

4 / Quali furono le condizioni di navigazione durante il viaggio?

Sono sicuro converrà che con buone probabilità non sarà possibile ottenere una buona risposta a queste domande. Invece  - non 300 ma più di 3.000 anni fa, gli ebrei hanno lasciato il paese d'Egitto. Le chiedo, signor segretario, durante i suoi viaggi in tutto il mondo, di chiedere a 10 bambini ebrei di questi paesi diversi di rispondere a queste domande:


1/ Qual era il nome del capo che porto' gli Ebrei fuori dall'Egitto?

2/ Quanto tempo ci volle prima di arrivare nella Terra di Israele?

3/ Che cosa mangiarono durante la traversata del deserto?

4/ Che successe quando si trovarono di fronte al mare?

Una volta ottenute le risposte a queste domande, vi esorto a riconsiderare attentamente la domanda che mi ha fatto. " QUI