domenica 15 aprile 2012

«Monaco ' 72, i brigatisti italiani sapevano dell' attacco»



Dall'Archivio Storico del Corriere della Sera
(16 luglio 2005) - Corriere della Sera

DAL NOSTRO INVIATO RAMAT HASHARON (Israele) - Riunioni periodiche a Parigi: italiani, francesi e tedeschi insieme ai palestinesi di Settembre Nero. I piani per l'attentato al villaggio olimpico di Monaco ' 72. E un sedicente «brigatista rosso» che avrebbe cercato di fermare la strage.

La storia che da oltre trent'anni Ankie Spitzer sta mettendo insieme, un pezzo dopo l'altro, ha ancora molti punti oscuri. Qualcosa, però, questa donna tenace - allora moglie 26enne dell'allenatore di scherma della squadra israeliana, oggi sull'orlo dei sessant'anni corrispondente della tv pubblica olandese dal Medio Oriente - è riuscita a scoprire.
Scriverà tutto, presto, in un libro, insieme a un' altra delle vedove di Monaco, Ilana Romano. E in quel contesto darà maggiori dettagli su una vicenda che adesso, per la prima volta, ha deciso di cominciare a rivelare: «Sei anni fa ho incontrato un italiano, che diceva di essere un brigatista. Mi ha portato carte e documenti, e mi ha convinta. Sono sicura che mi abbia raccontato la verità: tutti sapevano della strage almeno due mesi prima che fosse attuata. E nessuno ha fatto nulla per fermarla». L' uomo s' era fatto vivo anche subito dopo l' attentato. Ma Ankie, allora spossata dalle telefonate anonime e dai presunti testimoni, non aveva voluto incontrarlo. Si era convinta a farlo solo più tardi, grazie alla mediazione di «un importante imprenditore israeliano» che aveva garantito per l'italiano. «Fissammo un appuntamento in una città europea. Ci incontrammo nella mia camera d' albergo. Ero con Ilana, un avvocato e altra gente. L' uomo era estremamente paranoico: appena entrato andò a controllare che non ci fosse nessuno dietro alle tende».

Cinquant' anni, vestiti eleganti, buona conoscenza del tedesco, una vita normale. Se aveva fatto parte dell'estrema sinistra italiana, ne era uscito pulito. «Raccontò dei legami tra i gruppi italiani, francesi, i tedeschi del Baader-Meinhof, con i palestinesi dell' Olp e di Settembre Nero: lavoravano tutti insieme a quel tempo in Europa, fine anni Sessanta, inizi Settanta». L' uomo parlò di una «spaccatura»: «Disse che c' era un' ala delle Brigate Rosse che voleva fare la rivoluzione con le armi, e un' altra che invece era contraria». Insisteva su questo punto: una rottura che attraversava tutti gruppi. Avrebbe fatto anche il nome di Daniel Cohn-Bendit (che raggiunto al telefono precisa però di essere assolutamente estraneo a questa storia: tra l' altro, «ai tempi dei fatti io ero stato espulso dalla Francia», dopo il maggio ' 68).

Nella versione dell' uomo, questa sorta di rete internazionale teneva periodiche riunioni, «soprattutto a Parigi»: «Si conoscevano, sapevano gli uni dei piani degli altri». E quindi: «Tutti erano informati di cosa i palestinesi stessero preparando a Monaco». L' uomo era contrario: «Mi spiegò che apparteneva all'ala che si opponeva alla lotta armata». E davanti all'ipotesi di un'azione terroristica al villaggio olimpico decise di intervenire. «Volevo spiegare al mondo quel che stava per accadere, mi disse». A fine maggio 1972 l'uomo andò a Parigi: «Cercò il sostegno dei gruppi francesi che avrebbero potuto avere influenza».
Niente.
«Allora andò in Germania. Davanti a un avvocato firmò una dichiarazione giurata, con tutto quello che sapeva. E andò dai servizi segreti, ad Amburgo. Gli dissero che non era di loro competenza e lo mandarono a Monaco, in una sorta di quartier generale. Lì, chiese di essere ricevuto, ma gli dissero di aspettare». Dopo dieci giorni ancora non l' avevano chiamato.
«L' uomo provò allora a convincere altre persone - Ankie non vuole su questo punto dare dettagli - senza successo».

Il 5 settembre un commando di Settembre Nero penetrò nel villaggio olimpico di Monaco. Andrei Spitzer sarebbe stato tra gli ostaggi uccisi in aeroporto. Lui e Ankie avevano appena avuto una bambina, Anouk: oggi ha 33 anni. La signora Spitzer da allora ha avuto un altro marito e tre figli. Lavora con il cognome da ragazza, ma quando racconta questa storia vuole essere chiamata con il nome dell'allenatore di scherma. «In qualche modo glielo devo - dice - : sono decisa a continuare la mia battaglia per la verità». Che passa anche per la ricerca di risposte: se in tanti sapevano, perché nessuno è intervenuto? «L' ho chiesto qui in Israele al capo dell' intelligence militare: avevate avuto segnalazioni? Mi ha detto che 5 giorni prima avevano avuto informazioni su "un attentato nel corso di un evento internazionale in Europa ai primi di settembre", ma che non le avevano messe in relazione con i Giochi Olimpici...».

Alessandra Coppola

http://archiviostorico.corriere.it/2005/luglio/16/Monaco_brigatisti_italiani_sapevano_dell_co_8_050716060.shtml

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